Camera di Commercio di Ferrara
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Comunicato Stampa n. 14 - 24 marzo 2022

— archiviato sotto:
ultima modifica 31/03/2022 08:08

Govoni: "L’insufficienza di materiali e la scarsità di manodopera hanno toccato i valori massimi degli ultimi dieci anni. Significativi anche gli aumenti senza precedenti dei costi di esportazione e dei tempi di consegna”. CAMERA DI C0MMERCIO, OSSERVATORIO DELL’ECONOMIA: NEL 2021 PRODUZIONE AL +12,4%, FATTURATO AL +12,6% E VENDITE ALL’ESTERO AL +17,2%. MA GIA’ PESANO GLI EFFETTI DELLA CRISI ENERGETICA, LE CRESCENTI TENSIONI GEOPOLITICHE E LA MANCANZA DI MATERIE PRIME A trainare la ripresa, Manifatturiero (+12,4%), Artigianato (+6,6%), Commercio (+3,7%), Costruzioni (+6,6%) e le esportazioni sui mercati internazionali (+25,5%) Transazioni immobiliari al +39%. Positivo il saldo tra nuove imprese e imprese cessate: +0,06%

 

Nel 2021 produzione al +12,4%, fatturato al +12,6% e vendite all’estero al +17,2%, ma già pesano sull’economia ferrarese gli effetti della crisi energetica, le crescenti tensioni geopolitiche e la mancanza di materie prime. E’ quanto è emerso nella riunione dell’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio tenutosi ieri mattina (24 marzo) alla presenza delle Istituzioni, dei vertici delle associazioni di categoria e di Guido Caselli, direttore del Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna.

Gli indicatori, in particolare, del commercio estero, elaborati sulla base delle informazioni diffuse da Istat e riferiti al 2021, hanno registrato per le vendite ferraresi sui mercati internazionali un valore pari a 2,5 miliardi di euro, valore che corrisponde ad una variazione tendenziale positiva del +25,5%, oltre 500 milioni in più rispetto al 2020, ma soprattutto ampio recupero anche rispetto al 2019 (quasi 130 milioni di euro)

La crescita che siamo riusciti a mettere a segno - ha sottolineato Paolo Govoni, commissario straordinario della Camera di commercio - è la conferma dei punti di forza delle nostre imprese, della loro abilità dimostrata nel riposizionamento sui mercati esteri e nelle filiere produttive, sia a livello nazionale sia internazionale. Ma i dati con cui si è chiuso il 2021 non sono in grado, tuttavia, di descrivere pienamente la situazione che si trovano ad affrontare gli imprenditori. L’affievolirsi della fiducia delle imprese – ha proseguito Govoni - riflette principalmente l’acuirsi degli ostacoli alla produzione che, nel 4° trimestre, hanno penalizzato enormemente l’attività economica. L’insufficienza di materiali e la scarsità di manodopera hanno toccato i valori massimi degli ultimi dieci anni. Significativi anche gli aumenti senza precedenti dei costi di esportazione e dei tempi di consegna”.

Di seguito, i principali dati diffusi dall’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio

 

Scenari di previsione

Valore aggiunto

2021: +8,4%

2022: +5,3%

Gli scenari delle economie locali realizzati da Prometeia (edizione gennaio 2022), dopo la profonda caduta del 2020 (-10,3%), stimano che la crescita del valore aggiunto provinciale nel 2021 sia stata dell’8,4%, mentre per l’anno in corso il forte recupero potrebbe rallentare un po’ al +5,3%. Solo tre mesi prima, erano stati diffusi aumenti rispettivamente del 6,8% e 4,4%. La crescita 2021 è stata quindi ancora più vigorosa delle ultime previsioni, così come è avvenuto a livello nazionale. Nella prima metà del 2022 Ferrara potrebbe aver recuperato i livelli di attività pre COVID-19, ma l’ottimismo di ottobre è offuscato da alcune dinamiche che sono tenute sotto stretta osservazione: l’evoluzione della pandemia, le turbolenze che stanno agitando l’approvvigionamento delle materie prime e dei semilavorati, la difficoltà nel reperire le risorse umane con le competenze richieste; un mismatch tra domanda e offerta di lavoro che ormai riguarda il 40 per cento delle figure professionali cercate, tutti ostacoli acuiti dal conflitto Russia-Ucraina. Il trend di crescita ferrarese anche per il 2022 appare per il momento un po’ più veloce rispetto a quanto rilevato per l’Emilia-Romagna (+4,1%) e superiore alla media italiana (+3,9%), perché a causa degli effetti generati dalla pandemia, più forte era stata la caduta tra il 2020 e il 2019: per Ferrara si era attestata sul -10,3% (-9,1% Emilia-Romagna, -8,7% Italia). Un trend positivo che, a fine 2022, dovrebbe mettere a segno, rispetto al 2019, un incremento del valore aggiunto pari a +2,4% (+1,3% Emilia-Romagna) che avvicinerebbe così la ricchezza prodotta ai livelli del biennio 2017-2018 (8,264 miliardi contro la media dei due anni di 8,276). Allo stesso tempo, la crescita del PIL mondiale per il 2022, come certificato dai dati pubblicati a gennaio dal Fondo Monetario Internazionale, era prevista al 4,4%, con stime “tagliate” rispetto a quanto diffuso ad ottobre 2021, per tenere conto dei problemi di forniture ed inflazione. Così anche per l’Italia la crescita è stata rivista in lieve ribasso al +3,8%, allo stesso livello della Germania il cui Pil, nel 2021, è però aumentato meno della metà rispetto al nostro (+2,7% contro il +6,2% italiano). A trainare la ripartenza anche a Ferrara, le costruzioni (per le quali, nel corso del 2021, la variazione positiva è stata del +26,3% e subirà un fisiologico rallentamento nel 2022, stimata al +10,1%, settore ancora stimolato dagli incentivi) ed il comparto industriale (+13,5% per l’anno appena concluso e attestata al +3,8% per quest’anno). La ripresa per il terziario è stata e sarà più lenta (+6,2% e +5,6%), con una maggiore sofferenza, in particolare, per turismo e pubblici esercizi. A contribuire alle stime di crescita previste per quest’anno, inoltre, l’aumento del reddito disponibile (+4,0 nel 2022 quando l’anno precedente era stato del +5,2%), ad un ritmo questa volta leggermente inferiore alla media regionale. Il trend di consumi delle famiglie ed investimenti, variabili per le quali sono disponibili solo dati previsionali a livello regionale, proseguiranno a crescere anche per i 2022. Tra i driver della ripresa, soprattutto le esportazioni, che nel 2021 sono cresciute a Ferrara del +25,5%. Il valore aggiunto per abitante (23.100 euro stimato per il 2021), potrebbe aumentare quest’anno a 24.500 euro, a fronte dei 23.400 euro del 2019 e dei 21.100 euro del 2020. Dal punto di vista del mercato del lavoro, nel 2020 il calo degli occupati ha toccato, nella nostra provincia, il -1,7% (-2,9% in Emilia-Romagna, -2,8% in Italia). Già nel corso del 2021 le stime rilevavano un’inversione di tendenza: il recupero ha assunto valori molto contenuti (+0,5%) così come registrato in Emilia-Romagna ed in Italia, ma nel 2022 l’aumento acquisirà maggior forza. A fine anno l’occupazione a Ferrara potrebbe registrare un incremento del +1,7%, equivalente a circa 2.400 occupati in più. Alla ripresa economica si associa quindi una crescita della forza lavoro, con un tasso di disoccupazione, nonostante l’aumento occupazionale, che passerà dall’8,2% del 2021 all’8,7% del 2022, per poi tornare a scendere nel 2023. Nel trimestre precedente, le previsioni avevano trovato conferma nei dati rilevati dalle indagini congiunturali di ottobre, quando era emersa una fase espansiva che stava interessando tutti i settori, accompagnata da un diffuso ottimismo tra gli imprenditori. Per quantificare l’impatto che l’aumento continuo dei costi produzione, dovuto all’approvvigionamento di energia e ora anche alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina avrà sul sistema economico locale, occorrerà attendere i risultati delle prossime indagini, ma è cerco che bisognerà adoperarsi per tenere accesi i motori del sistema produttivo, dando supporto alle imprese più colpite e accompagnare il territorio nelle transizioni attese: digitale, demografica, ambientale ed energetica. Ma a marzo, l‘Ocse, tra i primi organismi internazionali a provare a svolgere una valutazione preliminare degli effetti del conflitto che ha sconvolto l’Europa, ha stimato che l'invasione russa in Ucraina potrebbe portare a una riduzione del Pil globale, in funzione anche delle quantità e delle tipologie di prodotti importati dai singoli paesi e a un aumento dell'inflazione fino a 2,5 punti. La portata dell'impatto economico rimane comunque molto incerta e dipenderà in parte dalla durata della guerra e dalle risposte politiche. Solo l'assistenza ai profughi ucraini costerà circa lo 0,25% del PIL dell'Unione europea. Secondo le stime elaborate dall’Ocse, l’impatto sul i Pil per l’Eurozona, sarà quasi un punto e mezzo e di oltre un punto per l’Italia. L'analisi si sofferma anche sul peso dell'economia russa a livello globale. Se a livello complessivo Russia e Ucraina valgono appena il 2% del Pil globale, il loro peso sul mercato dell'energia e delle materie prime è molto rilevante. I due Paesi contano ad esempio il 30% dell'export di grano, il 25% del Palladio, il 20% del mais, dei fertilizzanti minerali e del gas naturale e l'11% del petrolio. Peso rilevante anche per Nichel e platino. Tutti beni il cui valore è schizzato rapidamente a metà marzo.

 

Commercio internazionale

 

Esportazioni 2021:

2,484 milioni di €, pari al +25,5%

 

 

 

Trend trimestrale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Trend

annuale

 

Gli indicatori del commercio internazionale, elaborati sulla base delle informazioni diffuse da Istat, hanno confermato per tutto l’anno 2021 la tendenza particolarmente brillante delle vendite all’estero per le imprese ferraresi, in pieno recupero rispetto all’anno precedente. Complessivamente nel 2021 sono state esportate merci per quasi 2,5 miliardi di euro, valore che corrisponde ad una variazione tendenziale positiva del +25,5%, oltre 500 milioni in più rispetto al 2020, ma soprattutto ampio recupero anche rispetto al 2019 (quasi 130 milioni di euro). Nel quarto trimestre 2021 i dati mensili delle esportazioni ferraresi crescono ancora ad un ritmo elevato, pur se rallentato rispetto ai mesi primaverili, con una variazione tendenziale trimestrale del +21,1%. Il dato finale riferito ai soli ultimi tre mesi dell’anno, 664milioni di euro, risulta essere il valore più alto degli ultimi 10 anni. Se l’anno era iniziato con un leggero calo rispetto al gennaio 2020, per tutti i mesi i successivi si sono rilevati aumenti relativi a due cifre e con la variazione più consistente ad aprile; infine a dicembre il recupero sembra in naturale decelerazione. Anche in termini trimestrali, il quarto periodo dell’anno al confronto con il terzo, evidenzia un andamento migliore, con una variazione congiunturale tra le più elevate della serie storica. L’aumento su base annua dell’export risulta marcato e diffuso su gran parte del territorio nazionale. Ferrara è tra le province che registrano la variazione più elevata in Italia, con il miglior risultato in Emilia-Romagna e aumentando così la propria quota sul totale regionale al 3,4%. Il suo apporto alle esportazioni regionali rappresenta ancora il contributo minore, con un’incidenza inferiore anche a quella di Rimini. Al valore di circa 2,5 miliardi di euro corrisponde un aumento assoluto rispetto al 2020 di oltre 500 milioni, con il quale si recupera ampiamente quanto perso nello stesso periodo dello scorso anno e si incrementa anche il dato del 2019 (quasi 130 milioni in più). Grazie al pronto e sostenuto recupero avviato già nei primi mesi dell’anno, il 2021 si è chiuso con un risultato eccezionale, una crescita di poco inferiore a quella ottenuta nel 2010. Tutti i principali settori stanno registrando incrementi, in particolare la voce «Macchinari ed apparecchi» ha aumentato le vendite all’estero di 200 milioni rispetto allo stesso periodo del 2020 spiegando da sola quasi la metà della crescita complessiva e tornando ad essere il principale comparto esportatore. Rilevante anche l’aumento della seconda voce «Sostanze e prodotti chimici» che cresce del 28,2% incrementando le vendite di 150 milioni rispetto al 2020. Il terzo settore per importanza, i «Prodotti agricoli», recupera oltre 16 milioni di euro, che corrispondono ad una variazione relativa del +7,2%. Bene anche gli «Articoli in gomma, plastica e ceramica» che incrementano del 21,1%. Da segnalare l’aumento relativo più elevato (+132,4% che in termini assoluti si traduce in poco meno di 43 milioni di euro in più rispetto al 2020) per il gruppo residuale degli «Altri prodotti» tra cui è compresa la voce «Prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e risanamento» (+55,4%, quasi 32 milioni in più). Diminuiscono solo le esportazioni del gruppo computer e apparecchi elettronici (-3,4%), voce che rappresenta appena l’1,1% dell’export ferrarese e che lo scorso anno era l’unica ad essere aumentata. Anche rispetto al 2019 si registrano variazioni positive in gran parte dei settori, con alcune importanti eccezioni. Sistema moda, Metallurgia e Automotive non hanno ancora recuperato i buoni livelli di due anni fa. Disaggregando ulteriormente i settori, le prime quattro voci corrispondono al 50% delle esportazioni ferraresi. Nel 2021 sono cresciute quasi tutte, occorre arrivare alla quindicesima per trovare la prima variazione negativa. Nell’ordine decrescente, al primo posto si colloca l’export di «Macchine per impieghi speciali» che ha raggiunto quasi il mezzo miliardo di euro, seguito dal gruppo «Prodotti chimici di base fertilizzanti e composti azotati, plastiche e gomma» con un export di oltre 430 milioni. Al terzo posto, dimezzando il valore rispetto alle prime posizioni, troviamo la «Altri prodotti chimici» e al quarto «Prodotti di colture permanenti». In crescita risultano anche le importazioni (+20%), con diffuse variazioni positive tra i settori in particolare, per valore assoluto, macchinari e sostanze chimiche. L’analisi per destinazione delle esportazioni ferraresi evidenzia anche questo trimestre valori in aumento per la maggior parte dei mercati. Le variazioni positive delle vendite verso Germania, Francia, USA, Spagna e Cina hanno contribuito maggiormente al risultato finale. L’Europa rimane il mercato fondamentale per l’export ferrarese, ne ha assorbito il 68%) e ne determina la tendenza. Le vendite sul complesso dei mercati europei hanno avuto un buon recupero nel 2021 (+20,8%). In particolare, le esportazioni verso la sola Unione europea a 27 (quasi il 57% del totale) hanno avuto una tendenza positiva un po’ più marcata (+21,1%) e hanno superato del 7,8% il valore realizzato nel 2019. L’andamento delle vendite nell’area dell’euro è stato ancora leggermente più elevato (+21,8%), tanto che sono risultate superiori a quelle del 2019 per il 6,6%. La ripresa ha avuto intensità diversa sui mercati esteri anche in funzione della tipologia delle esportazioni ferraresi ad essi rivolte.

Oltre al forte recupero sui mercati europei, occorre segnalare soprattutto la crescita delle vendite negli Stati Uniti (+32,4%) che contribuiscono con un aumento di quasi 70 milioni di euro. Di poco inferiore anche la crescita in termini assoluti dell’export in Francia (69 milioni di euro), quando la Germania incrementa di circa 50 milioni. La Cina evidenzia un aumento consistente che fa raddoppiare l’incidenza sull’export complessivo rispetto allo scorso anno (è passata a contare dal 2,4% al 4,4%). Pur se poco rilevanti sul risultato finale, Regno Unito e Sud Africa registrano ancora contrazioni, ma la perdita più elevata in valore assoluto, è determinata dalla riduzione dell’export in Angola (diminuito di oltre 6 milioni di euro). Frenate ancor meno rilevanti si rilevano poi per Argentina, Romania, Arabia Saudita, Madagascar, Etiopia, e Lettonia che perdono dai 5 ai circa 3 milioni di euro ciascuno al confronto con il 2020, destinazioni che per incidenza sull’export complessivo rappresentano ciascuna meno dell’1%.

 

Congiuntura settore manifatturiero

 

Produzione 4° trimestre 2021: +11,1%

Settimane di produzione assicurata: 9,5

Grado di utilizzo degli impianti: 74% (8 punti in più rispetto allo steso trimestre 2020)

 

Media volume produzione ANNO 2020: -13,0%

2021: +12,4%

Il 2021 si è concluso registrando ancora un generale trend positivo, ma con tutti gli indicatori che rallentano la ripresa, a volte anche staccati di qualche punto dai valori regionali. Il recupero delle imprese minori e artigiane, particolarmente penalizzate dalla brusca recessione, per sopravvivere alla quale la disponibilità di capitale e di un’organizzazione adeguata sono stati di fondamentale importanza, appare più lento.

Per quanto riguarda la produzione il trimestre segna un +11,1%, inferiore di 2 punti rispetto al trimestre precedente e ancora in linea con il risultato dell’Emilia-Romagna. Contemporaneamente si è alleggerito il saldo tra le quote delle imprese che hanno rilevato un aumento e quelle che hanno riferito una riduzione della produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, fermatosi a 40 punti da 45.

Il grado di utilizzo degli impianti ha continuato a crescere ed è arrivato al 74,6%, un dato superiore anche al livello riferito allo stesso trimestre del 2019 (pari al 72%).

Gli ordinativi continuano così a crescere ad un ritmo di quasi 11, più lentamente rispetto alla regione (solo sei mesi prima la risalita era stata del +18,7%) e con livelli più bassi se riferiti a imprese artigiane e a quelle di minori dimensioni.

Analogo trend si registra per il fatturato totale, che cresce del +12,1%, mentre quello estero delle imprese ferraresi da 1 a 500 addetti che esportano, registra le variazioni più rilevanti tra gli indicatori presi in considerazione, attestandosi al +17,5% e superando di 3 punti il dato dell’Emilia-Romagna. Anche in questo caso la crescita è trainata dalle aziende di maggior dimensione e le vendite all’estero delle artigiane e delle piccole imprese continuano ad aumentare più lentamente. Allo stesso tempo gli ordini non provenienti dall’Italia risultano un po’ più brillanti per il momento al confronto con gli interni (+11,8%).

Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è risultato in aumento rispetto al dato del trimestre estivo, ma inferiore alle 10 settimane (in regione sfiora le 12) e più basso di qualche giorno al confronto con il primo semestre 2021.

Nel 2020 gli effetti economici negativi della diffusione a livello mondiale della pandemia da Covid avevano toccato la massima intensità. Anche l’industria ferrarese aveva sperimentato una rapida caduta, con la produzione che aveva registrato un calo medio annuo del -13% (meno grave della contrazione subita nel 2009 quando il crollo della produzione fu del -16,1%). Grazie ad una capacità di ripresa manifestata solo da alcuni settori pronti a cogliere il rimbalzo dell’attività, l’anno 2021 si è chiuso con una ripresa media che vale 12,4 punti percentuali (a livello regionale il dato è stato del +11,5%).

La produzione risulta ancora in crescita in tutti i settori, ad eccezione che per il gruppo «Macchine elettriche ed elettroniche». Rispetto al trimestre precedente gli aumenti non rallentano in modo accentuato solo per il sistema moda e l’industria dei metalli, settori che del resto avevano rilevato le contrazioni più pesanti lo scorso anno.

In particolare, nel quarto trimestre dell’anno, hanno raggiunto i risultati migliori: la metallurgia (+22,6%), seguita dal gruppo «Altre Industrie» (+11,0%) che comprende chimica e lavorazione minerali non metalliferi, da meccanica-mezzi di trasporto (+8,8%), ambiti che rilevano anche variazioni medie annuali a due cifre.

Con quote di imprese che per il quarto trimestre al confronto con il periodo precedente hanno stimato un aumento di produzione, fatturato ed ordini in media ancora in leggero aumento (forte per alcuni settori come per le confezioni), la congiuntura del periodo è sembrata ancora orientata prevalentemente alla stazionarietà con solo un 16% del campione che ha stimato invece una diminuzione, migliorando anche in questo caso il trend del terzo trimestre 2021. L’andamento è stato più favorevole per le imprese di maggiore dimensione e tra le attività economiche per le industrie metallurgiche, della meccanica-mezzi di trasporto e del gruppo legno-carta.

Le previsioni appaiono invece molto meno brillanti: se circa 3 imprese su 5 non prevedono aumenti di produzione per il primo trimestre 2022 (e la rilevazione è stata condotta a gennaio quando ancora non spiravano venti di guerra) solo una su cinque si aspetta un aumento, con quote di imprese pessimiste che stanno aumentando. Il trend non è omogeneo tra i settori, la quota di imprese che si aspetta una riduzione della produzione è di oltre un terzo per l’alimentare, e allo stesso tempo è di molto superiore a quella corrispondente agli ottimisti, così come accade per il gruppo legno-mobili la meccanica-mezzi di trasporto. Meno negative risultavano ancora a gennaio le prospettive per il sistema moda, le industrie dei metalli, quelle delle macchine elettriche, e per il variegato gruppo altre industri che comprende la chimica e le industri della lavorazione dei minerali non metalliferi.

Occorre comunque segnalare che nonostante la produzione sia cresciuta per tutto l’anno, nel 2021 è risultata ancora inferire a quella del 2019 (-2,2%). con andamenti molto diversi tra le diverse attività economiche. Tutti i settori considerati dall’indagine hanno messo a segno un recupero rispetto al 2020, anche se diverso è il quadro a raffronto con il 2019.

L’industria alimentare ha conseguito una crescita della produzione contenuta nel 2021 (+3,3%) e una recessione subita nel 2020 più ridotta rispetto alla media del settore manifatturiero (-13,0%), ma non ha pienamente recuperato il livello del 2019, rimanendone al di sotto per il -5,6%.

Le industrie della moda hanno recuperato (+3,4%), rispetto al crollo del 2020, ma il livello dell’attività è ancora lontanissimo dal 2019 (-17,6%).

Buona la ripresa della piccola industria del legno e del mobile (+6,2% meno della metà rispetto al confronto del settore regionale) non sufficiente a recuperare il livello del 2019 da cui dista più di sette punti (-7,3%).

L’industria della metallurgia e delle lavorazioni metalliche ha fatto registrare il più ampio incremento della produzione nel 2021(+19%), ma il livello di attività è risultato ancora inferiore a quello del 2019 (-3,2%) a causa della severa recessione del 2020.

Il settore delle macchine elettriche nel 2021 ha registrato la variazione positiva più contenuta (+2,7%), che non riesce a compensare la caduta dell’anno precedente.

Al contrario, grazie alla buona ripresa dello scorso anno (+16,9%), la maggiore capacità di tenuta dimostrata nel 2020 ha permesso all’ampio aggregato delle industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto di sopravanzare il livello di attività del 2019 di un 4,5%.

L’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” (che comprende le industrie della chimica, farmaceutica, plastica e gomma e quelle della trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro) ha chiuso il 2021 (+15,6%) con un risultato produttivo superiore alla media provinciale, maggiore rispetto a due anni fa di ben 5,5%, il miglior successo tra i settori analizzati.

Il recupero dell’attività produttiva ha interessato tutte le classi dimensionali di imprese, con una marcata correlazione tra grandezza e andamento congiunturale. Le imprese minori sono riuscite a ottenere un incremento della produzione del 6,9% nel 2021, ma il livello d’attività raggiunto è ancora inferiore a quello del 2019 dell’8,9%. Sono state le imprese medio-grandi però a ottenere il più ampio incremento della produzione nel 2021 (+13,6%), ma soprattutto hanno quasi recuperato pienamente il livello 2019 (-0,6%).

Se il livello medio della produzione manifatturiera è ancora inferiore al dato del 2019, per le tensioni sui prezzi il fatturato dello scorso si è avvicinato di più (-1,9%), mentre grazie alla maggiore tenuta dei mercati oltre confine, durante la recessione la componente estera è risultata superiore rispetto a due anni prima (+8,1%). Nel 2021 il complesso degli ordini non è riuscito per poco a sopravanzare quello del 2019 (-1,5%), con un risultato migliore per quelli esteri risultati maggiori al 2019 di quasi sette punti percentuali.

 

Artigianato

Produzione 4° trimestre 2021: +11,0%

Giorni di produzione assicurata: 6,7

Grado di utilizzo degli impianti: 69,2%

Media volume produzione ANNO 2020: -16,7%

2021: +6,6%

 

Tra le imprese dell’artigianato manifatturiero gli indicatori sono stati per tutto il 2021 positivi, ma sono risultati un po’ meno brillanti rispetto alle imprese dello stesso comparto e a quelli della regione Emilia-Romagna.

Con una crescita della produzione relativamente al 4°trimestre in rallentamento, l’aumento medio del 2021 per il settore artigianato si ferma al 6,6%, lasciando così il livello dell’attività produttiva ancora lontano di oltre 11 punti percentuali a quello del 2019; distanza di poco superiore a quella calcolata per il fatturato e gli ordini. Meglio invece il recupero del fatturato estero che con una variazione positiva del 10,1% compensa praticamente per intero la perdita del 2020 (il differenziale con il 2019 risulta di appena -0,3%). Le settimane di produzione assicurata sono 6,7, quasi tre punti in meno rispetto all’intera manifattura e il grado di utilizzo degli impianti è inferiore di oltre 5 punti percentuali.

Dal punto di vista della consistenza, nel 2021 anche le imprese artigiane crescono, con un incremento relativamente un po’ più accelerato rispetto al complesso delle imprese (+0,3% contro il +0,1%). In 10 anni però la loro consistenza è calata di circa 1.300 unità, corrispondenti ad un -13,3%, contro la riduzione meno forte della totalità del -9,6%. La crescita registrata nel 2021 è stata di 27 unità; un’inversione di tendenza alla contrazione peraltro in rallentamento dallo scorso anno, quando si era registrato un calo di 72 imprese mentre la riduzione media dell’ultimo decennio era stata pari al doppio (-140 unità all’anno) e quella dell’anno 2019 ben più elevata (-150).

La forma giuridica prevalente è ancora l’impresa individuale, rappresentando più dei tre quarti dello stock (77,7%), e la percentuale cresce se si considerano solo le nuove iscrizioni: 8 nuove imprese su 10 la preferiscono.

Tra le imprese artigiane, al 31 dicembre 2021, 620 possono essere definite giovanili, vale a dire poco più del 7%. Ma per le nuove iscrizioni le percentuali migliorano. La tenuta del settore sembra provenire proprio dai giovani: una nuova impresa su tre nel 2020 è under 35. Dalla maggior presenza di giovani tra le nuove iscrizioni, potrebbe arrivare un indirizzo di apertura al nuovo, che spesso vuol dire tecnologia. Tra le attività scelte più frequentemente dai giovani che hanno aperto una ditta artigiana nel 2021 a Ferrara, c’è ancora l’edilizia con i lavori di costruzione specializzati, settore dove potrebbero concentrarsi anche lavorazioni ad alto contenuto di innovazione, come l’impiantistica.

La presenza straniera risulta più accentuata tra le artigiane: ogni 100 attive 16 sono gestite da stranieri, il rapporto si riduce tra le imprese non artigiane dimezzandosi (8%). La presenza straniera risulta più accentuata tra le artigiane: ogni 100 attive 16 sono gestite da stranieri, il rapporto si riduce tra le imprese non artigiane dimezzandosi (8%). Tra i titolari di imprese artigiane la fascia di età più elevata (>64 anni) pesa molto meno rispetto a quanto incide tra le imprese non artigiane, a vantaggio della classe centrale.

 

Commercio

 

Vendite 4° trimestre 2021: +4,8%

 

Media volume vendite ANNO 2020: -5,3%

2021: +3,7%

 

Nel 2021 la variazione media delle vendite nel commercio al dettaglio è tornata ad essere positiva (+3,7%), grazie alla ripresa registrata negli ultime tre trimestri, confrontati comunque con il trend di contrazioni molto pesanti dell’anno precedente. Negli ultimi tre mesi dell’anno gli indicatori sono però peggiorati per il comparto alimentare, rimasto comunque in terreno negativo per tutto il 2021, mentre per il non alimentare le vendite sono cresciute quasi del 10%, variazione più alta rispetto a quanto registrato in regione. Sempre positivo ma in rallentamento l’andamento per la grande distribuzione, quando il dato riferito alla regione indica una lieve contrazione. Le vendite dell’intero comparto del commercio al dettaglio sono così cresciute del 4,8%, praticamente allo stesso livello regionale (+4,7%)

Con giacenze in prevalenza adeguate e una quota modesta di imprese che le giudica scarse, soprattutto nel comparto della grande distribuzione, le aspettative delle imprese commerciali per le vendite del primo trimestre del 2021 non sembrano poter migliorare. La tendenza negativa è riflessa anche dalla quota di imprese che prevede un andamento positivo delle vendite rispetto al trimestre precedente, sempre inferiore rispetto a chi rileva una riduzione, fatta eccezione per la grande distribuzione.

La pressione sulla base imprenditoriale resta elevata. Le imprese attive nel commercio al dettaglio a fine anno erano 3.395. Rispetto ad un anno prima la loro consistenza è diminuita del -3,1% (-108 unità), con un trend analogo allo scorso anno, ma più intenso rispetto a quanto si registra in Emilia-Romagna (-2,0%). La tendenza negativa a livello nazionale è risultata ancora una volta e, per il momento, leggermente più contenuta (-1,2%). Dal lato della movimentazione è diminuito il numero di chiusure, ma si è ridotto più velocemente il valore delle iscrizioni, così il saldo negativo non migliora (-265 unità). L’andamento negativo è dato dall’ampia riduzione delle ditte individuali (-94 unità, -3,6%) e da quella delle società di persone, maggiore in termini relativi (-4,5%), ma meno determinate in valore assoluto (-26).

 

Costruzioni

 

Volume d’affari 4° trimestre 2021: +13,4%

 

Media volume vendite ANNO 2020: -4,1%

2021: +6,6%

 

Nonostante l’aggravarsi della pressione della pandemia, nel quarto trimestre 2020 la tendenza negativa si è decisamente alleviata per l’industria delle costruzioni. Tra ottobre e dicembre gli stimoli introdotti a sostegno del settore delle costruzioni e la capacità organizzativa delle imprese hanno permesso di controbilanciare gli effetti negativi di un intensificarsi della pandemia e di aumentare il volume d’affari a prezzi correnti rispetto allo stesso periodo del 2019 (+1,0%). L’indicatore per il settore edile artigiano subisce invece una leggera contrazione (-0,7%). Entrambi gli indici ferraresi evidenziando trend migliori rispetto alla regione.

I giudizi delle imprese in merito all’andamento del volume d’affari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ci permettono di valutare la diffusione della tendenza dominante in atto. Nel quarto trimestre il saldo dei giudizi tra le quote delle imprese che rilevano un aumento o viceversa una riduzione del volume d’affari rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno si è ulteriormente ripreso, tornando positivo. In particolare, è aumentata leggermente la quota delle imprese che hanno registrato un aumento del volume d’affari, mentre la quota delle imprese che hanno registrato una riduzione del volume d’affari si è ridotta più decisamente scendendo al 18%.

I primi due trimestri dell’anno hanno registrato una caduta tra il 6 e il 7%, ma nella seconda parte dell’anno la tendenza negativa è andata progressivamente rientrando, nonostante la ripresa della pandemia negli ultimi mesi del 2020.

Quindi, rispetto al 2019, l’anno si è chiuso con una caduta del volume d’affari del -4,1%, meno ampia di quanto si poteva temere. Si tratta comunque, di una delle maggiori contrazioni annuali registrate dall’inizio della rilevazione, superiore anche al precedente minimo raggiunto nel 2013, quando la crisi del debito condusse a una riduzione del volume d’affari del -3,2%.

Le aspettative per il primo trimestre 2021 appaiono sempre meno negative: il 94% delle imprese intervistate non prevede una diminuzione del volume d’affari. Il risultato è frutto di un sistema imprenditoriale che registra però una numerosità di imprese del settore in lieve contrazione, ora più contenuta rispetto all’intera economia.

Insieme alla tenuta delle iscrizioni (aumentate di qualche unità), la forte riduzione delle cancellazioni, porta ad un saldo della movimentazione sempre negativo, ma in netto miglioramento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-11 unità, contro le -76 del 2019). solo la componente che riguarda le società di persone riduce la numerosità. Per le imprese straniere il trend di miglioramento è più accentuato: la differenza tra nuove imprese e cancellazioni è sempre positiva (+40), con un numero di cancellazione che si riduce quasi della metà al confronto con l’anno precedente. Dal 2020 risultano poi stabili le imprese artigiane del settore, con un numero di chiusure addirittura inferiore alle aperture (+12 il saldo della movimentazione).

A fine 2020 le imprese attive delle costruzioni erano 4.428. Sono aumentate leggermente le imprese operanti nei lavori di costruzione specializzati, ma soprattutto le imprese straniere (+44 unità, +5%) e le società di capitali (+27 unità).

 

Mercato immobiliare

Numero di transazioni in provincia:

+39%

Nel 2021 il numero di transazioni del mercato residenziale ferrarese, che ammontano a 6.049, ha registrato una forte ripresa (+39%), anche più alta rispetto all’ambito nazionale e regionale. Nel comune capoluogo, dopo lo stop determinato dalla pandemia che ha attraversato tutto lo scorso anno, si è assistito ad un recupero totale con valori che sfiorano le 2000 transazioni. Il recupero più accelerato è stato quello delle compravendite in provincia che segnano il massimo storico degli ultimi dieci anni.

Buone notizie anche per il mercato non residenziale ferrarese che segna un incremento del 42% trainato dal terziario commerciale e, con un numero di transazioni più ridotto, anche dal produttivo, andamenti in linea con quanto registrato in regione e in Italia.

 

Turismo

 

 

In una situazione ancora segnata dalla pandemia, il confronto con il 2020 segna decisamente un buon recupero per tutti i territori della provincia e tutte le provenienze, con valori che rimangono comunque lontani dai livelli del 2019: per il complesso della provincia mancano ancora 150mila turisti e oltre 300mila pernottamenti, distanze più accentuate per il comune capoluogo e la componente straniera.

L’analisi a dodici mesi evidenzia per la costa variazioni che confermano una buona stagione con un numero di turisti stranieri raddoppiati rispetto allo scorso anno (inferiori comunque di circa un terzo al 2019), ma soprattutto un numero di arrivi di italiani superiore a quanto registrato nel 2019. Questi trend sono confermati anche per quanto riguarda il numero di pernottamenti.

Per Ferrara città il recupero pare più lento e il raffronto con l’anno precedente la pandemia rileva che si sono persi 2 turisti su 5, visto che la riduzione degli arrivi è pari al -42%, forbice che si allarga ulteriormente se si prendono in considerazione i turisti stranieri (ne mancherebbero 2 su 3).

Anche per gli altri comuni si rilevano variazioni positive rispetto al 2020, ma ancora non sufficienti a colmare il gap rispetto al 2019

I pernottamenti in strutture extra alberghiere in provincia si avvicinano 1,8 milioni di presenze con un aumento del +38,6%, mentre negli alberghi si fermano a poco più di 507mila e una crescita più veloce +50% (incremento relativo appena un po’ inferiore si registra città, 46,1%). La movimentazione negli esercizi alberghieri rimane comunque, lontano però di circa un 36% dagli arrivi 2019 e del 24% dal numero di pernottamenti, per il complesso della provincia.

Se i dati mensili del 2021 rispetto all’anno precedente, mostrano buoni segnali di recupero per tutto il periodo, il confronto con il 2019 è meno brillante, con risultati non omogeneo nei tempi e nei territori. Le variazioni negative più pesanti sono state registrate in primavera, proprio nel periodo che concentra abitualmente la maggior movimentazione di turisti in città.

Dal lato del turismo interno, se per il comune capoluogo si registrano aumenti dei pernottamenti da tutte le regioni al confronto con il 2020, ma con livelli ancora inferiori ai dati del 2019, ad eccezione di due importanti provenienze regionali (Emilia-Romagna e Campania), per i Lidi di Comacchio la crescita a due anni è più diffusa e il trend ancora in calo si registra solo per un numero limitato di regioni (Trento, Lazio, Marche, Puglia, Abruzzo, Sardegna e Molise), tra le meno presente storicamente sul territorio cittadino.

Per il secondo anno consecutivo il settore alloggio registra un calo della numerosità, in tutte le tipologie, alberghi e alloggi. In controtendenza invece le sedi attive della ristorazione, ritornate in provincia a quota 2.050, con la componente dei ristoranti ancora in crescita, aumento che compensa l’ulteriore calo dei bar e altri esercizi simili (si contano già 55 unità in meno rispetto 2019).

 

Imprese

Demografia e movimentazione

 

 

 

Il miglioramento delle prospettive dell’economia nel 2021 era stato confermato anche dai dati sulla creazione di nuove imprese. Il 2021 si è chiuso con un ritrovato slancio delle attività imprenditoriali che, tra gennaio e dicembre, hanno fatto registrare 1.615 nuove iscrizioni (il 10% in più rispetto all’anno precedente).

Dopo la frenata imposta nel 2020 dal lockdown e dalla fase acuta dell’emergenza Covid, il rimbalzo della natalità non ha però coinciso con un pieno recupero del dato pre-pandemia, mantenendo un gap di 65 aperture in meno rispetto al 2019 e di circa 420 in meno rispetto alla media del decennio ante-Covid.

Alla ripresa delle iscrizioni non ha fatto eco il ritorno a un fisiologico flusso di cancellazioni dai registri camerali. Fin dall’inizio della pandemia, anche nel 2021 le sospensioni o le restrizioni all’esercizio di diverse tipologie di attività economiche determinano un effetto “surplace” nelle chiusure di aziende. Le 1.595 cessazioni di attività rilevate tra gennaio e dicembre dello scorso anno costituiscono il valore più basso degli ultimi vent’anni, persino più contenuto di quello già record registrato nel 2020.

Il saldo annuale è quindi positivo e pari a +20 unità, ancora influenzato dagli effetti della congiuntura sanitaria. In particolare, la perdurante tendenza alla contrazione del flusso delle cancellazioni suggerisce molta cautela nella valutazione degli scenari di medio termine dell’evoluzione della struttura imprenditoriale provinciale che comunque rileva un tasso di crescita relativa tra i più bassi a livello nazionale (+0,06%, quando la media nazionale è pari all’1,42% e quella regionale è 0,76%).

A fine 2021, lo stock complessivo delle imprese ferraresi ammontava quindi 34.438 unità. Nel corso dell’anno abbiamo assistito alla sola crescita delle società di capitali (+2,62%), che confermano un orientamento ormai consolidato anche tra i neo-imprenditori ferraresi che, per affrontare il mercato, si affidano sempre più spesso a formule organizzative più “robuste” e strutturate. Allo stesso tempo prosegue la diminuzione delle imprese individuali (-1,1%) e delle società di persone (-0,42%), anche se in rallentamento per entrambe le forme giuridiche.

Dal punto di vista dei settori, la più ampia riduzione registrata nel 2021 riguarda l’agricoltura, con un saldo negativo quasi dimezzato rispetto all’anno precedente (-97 contro il -168), seguita dal commercio (-71 contro il -112 del 2020). A distanza, ma sempre con una diminuzione della consistenza si trovano le altre attività di servizi (-19) e a poca distanza la logistica (-16). Segnali positivi si rilevano tra i servizi orientati alle attività produttive e quelli misti, destinati a imprese o privati, e sociali o collettivi. In dettaglio, il comparto che cresce di più è quello delle costruzioni (+52 unità), trend che ha trascinato anche le attività immobiliari (+43). Segnali positivi provengono quindi anche dal comparto noleggio, servizi supporto alle imprese (+30, in accelerazione rispetto al 2020), dall’ICT (+19), dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (+18) e dalle attività finanziarie e assicurative (+16).

Segnali di contenimento della crisi arrivano anche dall’artigianato, che chiude il proprio bilancio annuale con 30 unità in più, quando lo scorso anno la riduzione è stata di 59.

Tra i settori artigiani, negli ultimi dodici mesi hanno fatto meglio le imprese delle costruzioni (+41), i servizi alle imprese (+14) e il settore dell’ICT (+11). In rosso rimangono le attività dei trasporti e magazzinaggio (-13) e i servizi alla persona (-14).

Aumentano anche le unità locali diverse dalle sedi (nel 2021 +147 unità-locali), raggiungendo il valore di 7.804: più della metà ha sede in provincia, ma questa tipologia è cresciuta meno delle altre (+0,7%) e se in termini assoluti sono quelle con sede in regione a registrare l’incremento più elevato, in termini relativi, la variazione percentuale maggiore è stata registrata da quelle con sede all’estero (+7,3%).

Le imprese giovanili, pur rappresentando più di un quarto del totale delle iscrizioni (26,9%) e appena il 9,8% delle chiusure complessive, riducono la loro consistenza passando dalle 2.473 unità del 2020 alle attuali 2.462 (11 in meno, riduzione più contenuta rispetto allo scorso anno quando si è registrata una contrazione di -57 unità), a causa della perdita dei requisiti. Il saldo della movimentazione è infatti largamente positivo (+278 unità, in leggera crescita rispetto al 2020 quando si segnarono +273 unità).

Per le imprese straniere, la differenza tra aperture e chiusure sempre positiva, risulta ancora in forte ripresa, segnando un +173 unità, quando nel 2020 il saldo era stato di +82, avvicinandoci ai record raggiunti nel biennio 2011-2012, quando l’ordine di grandezza si aggirava sulle duecento unità. Mentre crescono le nuove iscrizioni (378, 99 in più rispetto al 2020), le cancellazioni, rimangono pressoché stazionarie (205). Continua così a crescere lentamente la loro incidenza sul totale, ora ogni 100 imprese registrate 10 non sono gestite da italiani, quando a livello regionale il rapporto è di 13 e in Italia di 10,6. Per quanto riguarda l’imprenditoria femminile, l’andamento della movimentazione registra nel 2021 un saldo tra aperture e chiusure positivo (+46 unità, è stato -101 nel 2020). La quota di imprese femminili in provincia rimane elevata e in lieve crescita, con un valore pari al 23,2%, la quota è sempre superiore a quanto rilevato in Emilia-Romagna (20,9%) e in Italia (22,1%).

Costante crescita nel mondo delle società ha caratterizzato le start-up innovative, istituite con dl 179/2012 convertito con legge 17 dicembre 2012 n 221. La start-up può assumere la forma di qualsiasi società di capitale, ma la forma di srl risulta quella esclusivamente utilizzata nella pratica. A partire dal luglio 2016 la costituzione, in deroga a quanto previsto dall’art. 2463 cc può avvenire interamente on line (senza notaio). Questo tipo di società opera per un periodo massimo di 60 mesi, al quale sono legate anche le agevolazioni di cui gode.

Il dl 19 maggio 2020 n. 34 convertito in legge 77/2020, in virtù degli eventi epidemiologici ha previsto che le start up innovative regolarmente iscritte nella sezione speciale del registro speciale del registro delle imprese alla data del 19 maggio 2020 rientrino nel regime di dilatazione dl termine da 60 a 72 mesi (in pratica viene concesso di restare start up 12 mesi in più).

A fine 2021 a Ferrara risultavano iscritte all’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese 52 startup, delle quali 16 nate nel 2020 e 17 nel 2021. Circa i tre quarti operano in attività di servizi (34 su 52), ma una sola ha dichiarato un capitale superiore a 100 mila euro. La quota di startup ferraresi ad alto valore tecnologico in ambito energetico si sta lentamente alzando superando ora la media nazionale e quella regionale.

Le imprese invece coinvolte in contratti di rete risultano 203 (36 in più rispetto alla stessa data del 2020), per 68 realtà.

 

Credito

A dicembre 2021 il valore complessivo dei prestiti concessi al confronto con il dato dello stesso periodo dell’anno precedente registra una crescita ancora in rallentamento. Il trend continua ad essere positivo per tutti i comparti economici del settore privato, differenziandosi solo per entità. Il comparto delle imprese, che rappresenta la quota di poco più consistente rispetto a quella delle famiglie consumatrici, rileva per la prima volta u incremento meno elevato sempre al confronto con quanto registrato per le famiglie consumatrici. La fase di rallentamento riguarda solo la componente produttiva, che al suo interno evidenzia frenate più consistenti tra le imprese di minor dimensione e quelle medio grandi (più di 20 addetti). In contrazione sono solo i prestiti delle Amministrazioni pubbliche e delle società finanziarie e assicurative.

Il confronto con l’Emilia-Romagna mostra per Ferrara un andamento sempre migliore per imprese (in regione addirittura i prestiti sarebbero in lieve contrazione) e meno espansivo per le famiglie consumatrici.

L’aumento dei prestiti tra le imprese è ancora generalizzato a tutti i macro settori, ma in deciso rallentamento per il manifatturiero che rileva sempre la variazione più elevata (3,5%, dimezzata rispetto al trimestre precedente) e per il comparto dei servizi. Allo stesso tempo i prestiti alle costruzioni registrano una velocità in accelerazione. L’andamento risulta migliore rispetto a quanto registrato in regione, in particolare per costruzioni e servizi per i quali in Emilia-Romagna si rilevano addirittura contrazioni.

L’erogazione per investimenti non finanziari per l’acquisto di macchine e attrezzature aggiornati al 3° trimestre 2021 riprende a crescere anche nella media degli ultimi quattro trimestri, tornando sui livelli del 2018.

Al 31 dicembre 2021, il tasso di deterioramento del credito per le imprese sale di qualche decimale all’1,5%, a causa del settore delle costruzioni che registra un forte aumento dell’indicatore, al contrario di quanto avviene per il comparto dei servizi, il cui tasso si è ridotto. Risulta confermato il livello per il manifatturiero, mentre è in lieve calo l’indice riferito alle piccole imprese e alle famiglie consumatrici.

La crescita tendenziale dei depositi rimane su livelli elevati (+7,1% rispetto allo stesso periodo del 2020), e da questo trimestre superiori al confronto con il dato medio dell’Emilia-Romagna (+6,3%). La componente prodotta dalle famiglie (la prevalente) aumenta più lentamente (anche della regione), mentre la crescita relativa del risparmio delle imprese è maggiore. Nel quarto trimestre 2021 continuano a crescere i titoli a custodia, che comprendono fondi comuni d‘investimento effettivamente ancora in forte aumento, anche se rallentata, e titoli di stato in diminuzione già dalla scorsa estate.

I dati di Banca d’Italia sembrano confermare l’ipotesi che la liquidità immessa sul mercato sia ancora ferma, in attesa che le incertezze dell’evolversi delle crisi geopolitiche, dei costi delle materie prime e delle risorse energetiche possano esaurirsi.

 

Protesti e fallimenti

Nel 2021 il numero dei protesti resta quasi invariato mentre si alza l’importo complessivo sulla piazza di Ferrara di circa 200mila euro.

Sono stati levati 1.041 protesti per un valore di circa 650.000 euro, ridotti della metà in 5 anni, con un valore più basso di 500mila euro al confronto con il dato del 2019. Tra le tipologie, spicca l’ormai inutilizzo degli assegni bancari e la riduzione delle cambiali che restano il titolo di credito più protestato (99% del totale). Nel 2021 si sono levate ancora una decina di tratte accettate sebbene sia una tipologia in disuso. L’importo medio degli effetti protestati è di 622euro.

I dati storici sulle procedure di uscita dal mercato risultano condizionati dalle misure straordinarie di emergenza. Se il numero complessivo non subisce variazioni di rilievo tra il 2020 e il 2021, i trend tra settori sono più diversificati: riprendono a crescere le sentenze di fallimento nel terziario così come nel commercio, comparti che registrano le numerosità più elevate. Calano invece tra le imprese manifatturiere.

Nel 2021 si sono registrati 306 scioglimenti e liquidazioni volontarie, 85 in meno rispetto allo scorso anno (-21,7%). La diminuzione, registrata anche in ambito regionale, non riflette l’andamento nazionale che vede sciogliersi circa 120mila aziende italiane (35mila in più dell’anno scorso).

Tra i settori che hanno registrato maggiori scioglimenti troviamo il commercio (61), le costruzioni (46), il turismo (36), la manifattura (31), le attività immobiliari (25) e quelle professionali (22), mentre in controtendenza troviamo l’agricoltura e i servizi di supporto alle imprese.

 

 

Mercato del lavoro

Nel 2021 il mercato del lavoro mostra una certa stabilità rispetto al 2020, quando il numero di occupati era calato in modo più accentuato nella sua componente maschile.

Il tasso di occupazione 15-64 anni, il rapporto tra occupati e popolazione riferiti ad una determinata fascia di età, registra invece un piccolo incremento, per entrambi i generi, dovuto però alla diminuzione della popolazione di riferimento.

Cresce invece il tasso di disoccupazione, con un numero di persone in cerca di occupazione che si contrae però nella sua componente maschile. Torna infatti ad aumentare il numero di donne che cercano lavoro, senza superare il livello raggiunto nel 2019, ma con un indice che diventa a due cifre

Contestualmente si registra un calo anche degli inattivi. Il calo interessa sia le forze di lavoro potenziali (la componente più vicina al mercato del lavoro, sia quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare. Tra i motivi della mancata ricerca di lavoro diminuiscono gli scoraggiati e chi non cerca lavoro per pensionamento, ma soprattutto gli altri motivi, che nella maggior parte dei casi erano legati alla pandemia.

Il divario di genere non sembra ridursi come invece si registra a livello nazionale.

 

 

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