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Comunicato Stampa n. 13 - 23 marzo 2021

— archiviato sotto:
ultima modifica 23/03/2021 15:10

Govoni: “Servono decisioni rapide, obiettivi chiari, strumenti misurabili e il più possibile condivisi nell'attuazione” OSSERVATORIO DELL’ECONOMIA, IV TRIMESTRE 2020: IL COVID CONTINUA A MORDERE IMPRESE E LAVORO L’indice di produzione industriale fermo al -4,8% (-10,0% nell’artigianato). In rosso esportazioni (-16,3%) e commercio al dettaglio (-5,3%). Torna positivo il volume d’affari per le costruzioni (+1%)

 

Il Covid continua a mordere l’economia ferrarese: l’indice di produzione industriale fermo al -4,8% (-10,0% nell’artigianato), in rosso esportazioni (-16,3%) e commercio al dettaglio (-5,3%). Torna positivo il volume d’affari per le costruzioni, che fa segnare un +1%. Questi i principali dati diffusi dall’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio nel corso dell’attesa e nutrita conferenza stampa di ieri (23 marzo) svoltasi alla presenza, tra gli altri, di Guido Caselli, direttore del Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna, e dei vertici delle associazioni territoriali di categoria.

Il territorio ferrarese ha bisogno di una strategia e di una visione comune, di un progetto di rilancio che faccia leva sui nostri punti di forza e concentri su di essi risorse e investimenti”. È questo l’appello del commissario straordinario della Camera di commercio, Paolo Govoni, che ha aggiunto: “Servono decisioni rapide, obiettivi chiari, strumenti misurabili e il più possibile condivisi nell'attuazione. Gli imprenditori hanno un fortissimo bisogno di ritrovare la fiducia, perché senza fiducia non c’è domani. Se tanti di loro, pure in questi mesi difficili, hanno scelto di continuare a fare impresa è segno che questa provincia è convinta di farcela ancora una volta. Di fronte a questi segni concreti, è dovere delle istituzioni rispondere con altrettanta fiducia nell’impresa e in chi la sostiene e promuove”.

 

Scenari di previsione

Valore aggiunto

2020: -8,8%

2021: +5,1%

Secondo Prometeia, la caduta del valore aggiunto per Ferrara si attesterà al -8,8% nel 2020 (per l’Emilia-Romagna -9,2%) per poi registrare un +5,1% nel 2021. L’Industria manifatturiera ha registrato, nel 2020, la contrazione più pesante (-10,6%), mentre nel 2021 l’avvio della ripresa dovrebbe condurre ad una crescita del 9,4%. Recessione pesante anche nei Servizi (-8,3%), più contenuta nelle Costruzioni (-2,4%). Nel 2021, il terziario dovrebbe registrare un +4,1%), a fronte di un + 12,2% delle Costruzioni. Ancora in difficoltà l’occupazione, che, nel 2021, si ridurrà ancora (-0,5%)

Commercio internazionale

 

Esportazioni 2020:

1.971 milioni di €, pari al -16,3%

 

 

Gli indicatori del commercio internazionale elaborati da Istat confermano, per l’anno 2020, la tendenza negativa delle vendite all’estero delle imprese ferraresi già in atto dall’anno precedente. Complessivamente, nel 2020 sono state esportate merci per oltre 1.971 milioni di euro, valore che corrisponde ad una variazione tendenziale negativa del -16,3% (6,9% nell’ultimo trimestre dell’anno), la più ampia dal 2009. Ferrara è tra le province che più hanno risentito del lockdown, anche sotto il profilo dell'export, con il peggior risultato in Emilia-Romagna, riducendo così la propria quota sul totale regionale al 3,2%, facendosi così superare anche da Rimini. A contribuire al trend negativo dell’export provinciale sono stati soprattutto i comparti dei Macchinari e dei mezzi di trasporto, che da soli rappresentano meno di un terzo dell’intero export provinciale, con una perdita di oltre 280 milioni. Continuano a soffrire la Chimica (-16 milioni rispetto al 2019) e il Sistema Moda, che fa registrare, in termini assoluti, 31 milioni di export in meno. Anche il comparto agroalimentare non sfugge alla contrazione generalizzata: prodotti agricoli (-3,2%), prodotti della pesca (-9,0%), prodotti alimentari (-1,5%), che, insieme, rappresentano il 20% dell’export provinciale. Come prevedibile, calano le esportazioni ferraresi sui mercati europei, che rappresentano più del 70% del totale, così come si riducono le vendite negli Stati Uniti, Paesi Bassi, Svizzera, Francia, Austria e Regno Unito.

Congiuntura settore manifatturiero

 

Produzione 4° trimestre 2020: -4,8%

Giorni di produzione assicurata: 56

Grado di utilizzo degli impianti: 66%

 

Media volume produzione ANNO 2020: -13,0%

Nel quarto trimestre del 2020 gli effetti della pandemia e delle misure di protezione adottate continuano a tradursi in contrazioni dei principali indicatori, che hanno rallentato la loro intensità negativa rispetto ai precedenti. La produzione è scesa del -4,8% rispetto allo stesso trimestre del 2019, quanto solo tre mesi prima la caduta era stata del -11,2%. L’accesso ai mercati esteri ha permesso di contenere la tendenza negativa: il fatturato estero delle imprese manifatturiere da 1 a 500 addetti ha segnato addirittura un leggero incremento (+0,6%), che, insieme alla crescita più sostenuta degli ordini non provenienti dall’Italia (+4,4%), ha aperto uno spiraglio in prospettiva, facendo sperare in una ripresa più vicina. Sono le imprese minori e di piccola dimensione ad essere particolarmente penalizzate da questa brusca recessione. Cala anche il fatturato, che si attesta sul -5,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. Un altro aspetto da sottolineare è costituito dai dati relativi agli ordini, che hanno limitato al -3,5% la discesa rispetto a 12 mesi prima, mentre nel trimestre precedente il processo di acquisizione degli ordini aveva fatto segnare una flessione tendenziale del -10,3%.

Artigianato

 

Produzione 4° trimestre 2020 : -10,0%

Giorni di produzione assicurata: 39

Grado di utilizzo degli impianti: 58,9%

 

Media volume produzione ANNO 2020: -16,7%

Tra le imprese dell’artigianato manifatturiero gli indicatori risultano peggiori, con variazioni sempre più gravi rispetto alle imprese dello stesso comparto e ai dati regionali: produzione e fatturato registrano contrazioni tra il 9 e il 10% (a settembre erano attorno al -13% e a luglio avevano raggiunto -24%). Le settimane di produzione assicurata sono appena 5,5, quando per l’intera manifattura sono 8 e il grado di utilizzo degli impianti è inferiore di 7 punti percentuali. Dal punto di vista della consistenza, le imprese artigiane continuano a ridursi, con una velocità in rallentamento rispetto allo scorso anno (-0,8%) e appena più lentamente rispetto al complesso delle imprese attive al registro delle imprese (-1,0%). In 10 anni la loro consistenza è calata di quasi 1.400 unità, corrispondenti ad un -14,2%, contro la riduzione comunque forte della totalità del -10,7%. Il calo negli ultimi dodici mesi è stato di 72 unità, quindi in netto ridimensionamento rispetto alla media dell’ultimo decennio che è calcolata pari a -140 unità e anche rispetto all’anno precedente (-150). La forma giuridica prevalente è ancora l’impresa individuale, rappresentando più dei tre quarti dello stock, e la percentuale cresce se si considerano solo le nuove iscrizioni: 8 nuove imprese su 10 la preferiscono.

Commercio

 

Vendite 4° trimestre 2020: -5,6%

 

Media volume vendite ANNO 2020: -5,3%

 

Per gli esercizi al dettaglio in sede fissa, le vendite a prezzi correnti neppure nel quarto trimestre del 2020 tornano in campo positivo. Registrano una perdita del -5,6% rispetto all’analogo periodo del 2019. A livello regionale il trend appare un po’ meno pesante (-3,1%). Il crollo delle vendite non ha però interessato tutte le tipologie del dettaglio. Le vendite dello specializzato alimentare si sono ridotte del -3,4%, mentre il dettaglio specializzato non alimentare ha subito un colpo ancora più duro dello scorso trimestre, subendo una perdita del -12,4% (il -7,6% in regione Emilia-Romagna). Al contrario, iper, super e grandi magazzini hanno ottenuto un nuovo forte aumento delle vendite (+9,6%), in linea con il dato dell’Emilia-Romagna.

La contrazione media delle vendite nel commercio al dettaglio nel 2020 è stata del -5,3%, più contenuta rispetto al periodo 2012-2013 (post sisma), ma il trend si aggiunge ad un prolungato periodo contrassegnato solo da variazioni negative. La pressione sulla base imprenditoriale resta elevata. Le imprese attive nel commercio al dettaglio a fine anno erano 3.395. Rispetto ad un anno prima la loro consistenza è diminuita del -3,1% (-108 unità), con un trend analogo allo scorso anno, ma più intenso rispetto a quanto si registra in Emilia-Romagna (-2,0%). La tendenza negativa a livello nazionale è risultata ancora una volta e, per il momento, leggermente più contenuta (-1,2%). Dal lato della movimentazione è diminuito il numero di chiusure, ma si è ridotto più velocemente il valore delle iscrizioni, così il saldo negativo non migliora (-265 unità). L’andamento negativo è dato dall’ampia riduzione delle ditte individuali (-94 unità, -3,6%) e da quella delle società di persone, maggiore in termini relativi (-4,5%), ma meno determinate in valore assoluto (-26).

 

Costruzioni

 

Volume d’affari 4° trimestre 2020: +1,0%

 

Media volume vendite ANNO 2020: -4,1%

 

Nonostante l’aggravarsi della pressione della pandemia, nel quarto trimestre 2020 la tendenza negativa si è decisamente alleviata per l’industria delle costruzioni. Tra ottobre e dicembre gli stimoli introdotti a sostegno del settore delle costruzioni e la capacità organizzativa delle imprese hanno permesso di controbilanciare gli effetti negativi di un intensificarsi della pandemia e di aumentare il volume d’affari a prezzi correnti rispetto allo stesso periodo del 2019 (+1,0%). L’indicatore per il settore edile artigiano subisce invece una leggera contrazione (-0,7%). Entrambi gli indici ferraresi evidenziando trend migliori rispetto alla regione. Le aspettative per il primo trimestre 2021 appaiono sempre meno negative: il 94% delle imprese intervistate non prevede una diminuzione del volume d’affari. Insieme alla tenuta delle iscrizioni (aumentate di qualche unità), la forte riduzione delle cancellazioni, porta ad un saldo della movimentazione sempre negativo, ma in netto miglioramento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-11 unità, contro le -76 del 2019). solo la componente che riguarda le società di persone riduce la numerosità. Per le imprese straniere il trend di miglioramento è più accentuato: la differenza tra nuove imprese e cancellazioni è sempre positiva (+40), con un numero di cancellazione che si riduce quasi della metà al confronto con l’anno precedente. Dal 2020 risultano poi stabili le imprese artigiane del settore, con un numero di chiusure addirittura inferiore alle aperture (+12 il saldo della movimentazione). A fine 2020, le imprese attive delle costruzioni erano 4.428. Sono aumentate leggermente le imprese operanti nei lavori di costruzione specializzati, ma soprattutto le imprese straniere (+44 unità, +5%) e le società di capitali (+27 unità).

Mercato immobiliare

Numero di transazioni in provincia:

-4,4%

Nel 2020 il numero di transazioni del mercato residenziale ferrarese, che ammontano a 4.348, ha registrato una riduzione (-4,4%), più contenuta rispetto all’ambito nazionale e al dato regionale. Nel comune capoluogo, dove dal 2014 al 2019 si sono registrati incrementi tendenziali anche a due cifre, la variazione negativa è stata più intensa del trend provinciale (-9,6%), portando il numero a 1.675. L’andamento ferrarese risulta in calo anche per il mercato non residenziale, con una forte contrazione per il comparto produttivo, più pesante rispetto a quanto verificato in regione e in Italia, ambiti territoriali che registrano comunque variazioni negative a due cifre. Solo la voce Terziario commerciale, la consistenza più rilevante del non residenziale rappresentandone oltre la metà, rimane praticamente invariata al confronto del volume del 2019.

Turismo

 

 

Gli effetti della pandemia sui dati relativi alla movimentazione turistica nel 2020 si sono tradotti in una riduzione del -46% di turisti e una più contenuta flessione di pernottamenti in provincia (-37%), grazie al trend meno negativo del turismo italiano sui Lidi di Comacchio, la cui presenza è calata meno del 10%. Complessivamente si è trattato di circa di 320mila arrivi, dei quali meno di un terzo in città, e di oltre 1,6 milioni di presenze, delle quali l’81% concentrate sulla costa. Mentre per i Lidi di Comacchio i numeri confermano una stagione negativa, ma non del tutto disastrosa, nel comune capoluogo il trend è stato molto più pesante con un numero di turisti calati di quasi il 60%, quando l’anno era invece iniziato con dati positivi. Se fino al 2019 il maggior numero di turisti stranieri in città si riferiva a persone provenienti dalla Cina, nel 2020 è la Germania la prima provenienza, con poco più di 5.200 presenze a fronte delle 16.100 dell’anno precedente. Anche per gli altri comuni si rilevano variazioni molto pesanti, sempre più accentuate per il turismo estero. I pernottamenti in strutture extra alberghiere in provincia superano 1,3 milioni di presenze con un calo del -33,2%, mentre negli alberghi si fermano a poco più di 338mila e una contrazione del -48,8% (contrazione che si aggrava in città scendendo al -56% nel comune capoluogo). I mesi che hanno registrato le variazioni più pesanti sono stati quelli primaverili, proprio nel periodo che concentra abitualmente la maggior movimentazione di turisti in città. Dal lato del turismo interno, se per il comune capoluogo si registrano solo diminuzioni dei pernottamenti da tutte le regioni, contrazioni che variano dal minimo -30% della Campania e al -58% della Liguria, per i Lidi di Comacchio i cali sono stati decisamente più contenuti, con addirittura un aumento delle presenze di turisti provenienti dall’Emilia-Romagna e dal Friuli Venezia Giulia. Per il primo anno il settore alloggio e ristorazione non registra un aumento della propria struttura produttiva. Se per ora il numero imprese dell’alloggio registra solo una diminuzione di poche unità, tra le sedi attive della ristorazione, in provincia si contano già 42 bar in meno rispetto alla fine dello scorso anno.

Imprese

Demografia e movimentazione

 

 

 

La differenza tra nuove imprese e cessazioni nel 2020 è risultata pari a –388 unità, quando l’anno precedente si era registrato già un valore molto pesante (-345), raggiungendo così il minimo assoluto della serie. Nonostante si registri il numero di cancellazioni più basso dal 2007, al disotto delle due mila unità (1.857), la frenata nelle uscite, non è ormai da anni sufficiente ad invertire il segno del saldo per via del ridotto numero di aperture, ancora in forte contrazione (1.469, pari al -12,6% rispetto al dato del 2019). Dal lato delle forme giuridiche, risulta sempre rilevante l’incremento delle società di capitale, aumentate nel corso del 2020 di 118 unità (nel 2019 il saldo positivo tra iscrizioni e cessazione era stato di 196), corrispondente ad un tasso di crescita del +1,7%. Il dato, pur confermando un orientamento ormai consolidato anche tra i neo-imprenditori ferraresi che, per affrontare il mercato, si affidano sempre più spesso a formule organizzative più “robuste” e strutturate, segna un rallentamento (lo scorso anno il tasso è stato del +2,9%). La riduzione tendenziale della base imprenditoriale è stata determinata dal più forte andamento negativo delle ditte individuali (scese di 382 unità pari al -1,9%, trend praticamente confermato), accompagnato da una più contenuta riduzione delle società di persone, diminuite di 138 unità, ma che in termini percentuali risulta più grave (-2,2%). Queste ultime continuano a risentire negativamente dell’attrattività della normativa sulle società a responsabilità limitata, che sostiene invece l’aumento tendenziale delle società di capitale. A livello di attività economica, i due settori più significativi per numerosità di imprese, commercio e agricoltura registrano per il terzo anno consecutivo le riduzioni più pesanti: -280 il loro saldo negativo complessivo. In dettaglio, i settori che non hanno concorso alla riduzione delle imprese purtroppo sono otto su diciotto e tra di loro molti sono quelli che in termini di rappresentatività costituiscono le quote meno rilevanti, rappresentando complessivamente meno del 30%, fatta eccezione per l’importante comparto delle costruzioni che torna a registrare variazioni positive seppur limitate. Segnali positivi inoltre dai servizi a supporto alle imprese e dalle attività immobiliari, dalle attività artistiche, sportive, dall’istruzione, dalla sanità. La terza diminuzione più importante è registrata per il primo anno dal settore dei servizi di alloggio e ristorazione (-34 unità) che nella graduatoria precede un altro importante settore che più sta risentendo della crisi pandemica e dei provvedimenti di chiusura delle attività, quello degli “altri servizi”. Il segno rosso per l’industria manifatturiera (-26 unità, mentre il saldo del 2019 era stato di -51), riassume le contrazioni diversificate tra sottosezioni; diminuiscono soprattutto la metallurgia, la fabbricazioni di apparecchi elettrici e macchinari. Complessivamente sono 12 le divisioni che registrano cali per complessive 49 unità compensate dalla crescita di altre 8 divisioni, prima fra tutte quella relativa alla riparazione, manutenzione ed installazione di macchine. Registrano una riduzione della base produttiva anche il settore della logistica, i servizi di informazione e comunicazione e le public utilities. Le imprese giovanili, pur rappresentando più di un quarto del totale delle iscrizioni (25,2%) e appena il 7,5% delle chiusure complessive, riducono la loro consistenza passando dalle 2.530 unità del 2019 alle attuali 2.473 (57 in meno, riduzione più contenuta rispetto allo scorso anno quando si è registrata una contrazione di -91 unità), a causa della perdita dei requisiti. Il saldo della movimentazione è infatti largamente positivo (+273 unità, in crescita rispetto al 2019 quando si segnarono +231 unità). Per le imprese straniere, la differenza tra aperture e chiusure sempre positiva, risulta ancora in lieve ripresa, segnando un +82 unità, quando nel 2019 il saldo era stato di +74, ma nel biennio 2011-2012 l’ordine di grandezza è stato più che doppio. Mentre crescono le nuove iscrizioni, rallentano leggermente le cancellazioni, passate dalle 258 del 2018 alle 294 del 2019 fino alle 197 dell’anno appena concluso. Continua così a crescere lentamente la loro incidenza sul totale, ora ogni 1.000 imprese registrate 95 non sono gestite da italiani, quando a livello regionale il rapporto è di 125 e in Italia di 104. Per quanto riguarda l’imprenditoria femminile, l’andamento della movimentazione registra anche nel 2020 un saldo tra aperture e chiusure pesante (-101 unità, erano solo -39 nel 2019). La quota di imprese femminili in provincia rimane elevata, con un valore pari al 23,0%, quota ancora superiore a quanto rilevato in Emilia-Romagna (20,8%) e in Italia (22,0%). A fronte di 7.345 unità locali presenti sul territorio, aumentate di circa un centinaio di unità e trend diffuso in tutte le loro tipologie (con sede in provincia e fuori), le imprese attive di Ferrara controllano 5.671 unità locali (31 in più rispetto allo scorso anno, crescita in decelerazione, nel 2019 registravamo un +68), con un rapporto di 1 unità locale ogni 5,4 imprese attive. Circa l’83% si trova in provincia o in regione. L’insieme di imprese ferraresi che ha una proiezione produttiva al di fuori del proprio territorio di appartenenza, risulta ancora piuttosto circoscritto. A metà marzo 2021, risultano iscritte nella nostra provincia 41 startup innovative, delle quali 16 nate nel 2020 e 4 nei primi cinquanta giorni dell’anno in corso. Circa i tre quarti operano in attività di servizi (29 su 41), ma una sola ha dichiarato un capitale superiore a 100 mila euro. La quota di startup ferraresi ad alto valore tecnologico in ambito energetico si sta lentamente alzando avvinandosi alla media nazionale. Le imprese, invece, coinvolte in contratti di rete a metà marzo risultano 201 (19 in più rispetto alla stessa data del 2020).

Credito

A dicembre 2020 il valore complessivo dei prestiti concessi al confronto con il dato dello stesso periodo dell’anno precedente accelera la crescita (+3,5%). Il trend è positivo per tutti i comparti economici del settore privato, differenziandosi solo per entità. Il settore delle imprese, che ne rappresenta (oltre la metà) rileva anche l’incremento più elevato (+7,5%) rispetto a quanto si registra per le famiglie consumatrici, invece in rallentamento (+0,7%). Il credito alle imprese di minor dimensione continua ad evidenziare l’incremento relativo più alto: +8,0% per piccole e +9,5% per le famiglie produttrici, vale a dire le società semplici, di fatto e le imprese individuali fino 5 addetti. In contrazione rimangono solo i prestiti delle Amministrazioni pubbliche e delle società finanziarie e assicurative. Il confronto con la regione, mostra per Ferrara un andamento migliore per le imprese e meno consistente per le famiglie consumatrici. L’aumento dei prestiti coinvolge tutti i macrosettori con il manifatturiero che rileva la variazione più elevata (+7,7%). Allo stesso tempo i prestiti alle costruzioni, in crescita ormai da quattro trimestri, registrano un trend più lento, ma costante nel tempo. Anche l’andamento dei servizi risulta positivo, e migliore rispetto a quanto registrato dal settore in regione. L’andamento delle erogazioni per gli investimenti non finanziari per l’acquisto di macchine e attrezzature conferma però la battuta d’arresto, meno di 20 milioni di euro a trimestre, quando nel 2017 si viaggiava su valori superiori a 43 e lo scorso anno non era scesi al di sotto di 23. La crescita tendenziale dei depositi rimane su livelli elevati (+6,8% rispetto allo stesso periodo del 2019), con una velocità di incremento maggiore per le imprese, ma inferiore al dato medio dell’Emilia-Romagna. Più allineato al trend regionale invece l’aumento riferito alla componente delle famiglie. Nel quarto trimestre 2020 si stabilizzano i titoli a custodia, che comprendono fondi comuni d‘investimento e titoli di stato, tipologie di investimento che invece continuano a crescere. I dati di Banca d’Italia sembrano confermare l’ipotesi che la liquidità immessa sul mercato sia ancora ferma, in attesa che le incertezze dell’evolversi della pandemia possano esaurirsi.

Protesti e fallimenti

Nel 2020 la contrazione dei protesti per numero e importo accelera, a causa delle sospensioni dell’attività di rilevazione nel periodo di emergenza e delle cancellazioni d’ufficio intervenute in alcuni periodi dell’anno. Il confronto temporale dei dati risulta pertanto meno significativo. Sono stati levati 1.072 protesti per un valore di 455.000 euro, ridotti della metà in 5 anni, con un valore più basso di 500mila euro al confronto con il dato del 2019. Tra le tipologie, spicca l’ormai inutilizzo degli assegni bancari e la forte riduzione delle cambiali che restano il titolo di credito più protestato (99,2% del totale). Nonostante i dati sulle procedure di uscita dal mercato risultino condizionati dalle misure straordinarie di emergenza, già nel 2020 riprendono a crescere le sentenze di fallimento (+6 rispetto allo scorso anno), in particolare sono risultate in crescita quelle del settore manifatturiero, che registra, insieme ai terziario, le numerosità più elevate. Allo stesso tempo si sono registrati 391 scioglimenti e liquidazioni volontarie, 4 in meno rispetto allo scorso anno (-1,3%). La diminuzione, registrata anche in ambito regionale e nazionale, risulta però più contenuta per la nostra provincia. Tra i settori che hanno registrato maggiori scioglimenti troviamo il commercio, il turismo, le costruzioni, le attività immobiliari e la manifattura.

Mercato del lavoro

Nel 2020 il mercato del lavoro, per effetto della pandemia, mostra un calo dell’occupazione (da 150 a 149mila). La rilevazione delle forze di lavoro che misura a livello campionario l’offerta, a Ferrara rileva un trend meno accentuato rispetto al confronto con la regione e il dato medio italiano, perché la componente femminile segna un lieve aumento. Il tasso di occupazione 15-64 anni registra così, in controtendenza al confronto con agli altri ambiti territoriali, un piccolo incremento, dovuto essenzialmente al trend dell’occupazione femminile, rimanendo comune distante da quella maschile ancora 12 punti percentuali (62.9% rispetto al 75,1%, quello riferito alla popolazione 15-64 anni). Diminuisce anche il tasso di disoccupazione, con un numero di persone in cerca di occupazione (circa 11mila) che si contrae soprattutto nella sua componente maschile. Ciò è avvenuto anche a livello nazionale ed è legato al venir meno delle condizioni per essere classificati come disoccupati durante l’emergenza sanitaria (l’aver cioè cercato attivamente lavoro ed essere subito disponibili a iniziarne uno) e ha determinato l’aumento dell’inattività e del relativo tasso, pari a Ferrara al 25,7%, oltre un punto in più rispetto al 2019. La crescita interessa sia le forze di lavoro potenziali sia quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare. Tra i motivi della mancata ricerca di lavoro torna lo scoraggiamento e aumentano i motivi di studio, il pensionamento, ma soprattutto gli altri motivi, che nella maggior parte dei casi sono legati alla pandemia. Cresce comunque il divario tra i sessi: il tasso di disoccupazione maschile è inferiore di tre punti e mezzo rispetto a quello femminile, espressione di un migliaio di donne disoccupate in più rispetto alla componente maschile. Secondo la rilevazione campionaria, nel 2020 prosegue il trend di riduzione del tasso di disoccupazione giovanile 15-24 (8 punti percentuali in meno rispetto al 2019), più accentuata per la componente maschile, portando l’indicatore ad un livello leggermente più basso del dato riferito all’intera regione e sempre più contenuto al tasso nazionale. Anche per quanto riguarda la classe successiva 25-34, il tasso ferrarese diminuirebbe, con un’intensità meno disomogenea tra i sessi. I valori risultano migliori rispetto all’indicatore nazionale e questa volta anche a quello riferito all’Emilia-Romagna. Nel 2020 sono state oltre 15 milioni le ore di cassa integrazione richieste dalle imprese ferraresi, un numero spaventoso senza precedenti. Aumenti non si registrano solo per la straordinaria, ma per le altre tipologie, ordinaria e deroga le variazioni sono a 5 cifre. L’utilizzo della straordinaria avviene sia per la solidarietà sia per la riorganizzazione, componente che ora risulta prevalente rispetto all’altra, rappresentandone circa il 53%, e, in aumento, al contrario di quanto risulta per la solidarietà. Entrambe si concentrano soprattutto tra le imprese meccaniche. La diminuzione percentuale è del -18%, trend inverso agli andamenti regionale e nazionale. Per la deroga si tratta proprio di un nuovo utilizzo, perché lo scorso anno fino a maggio non era stata richiesta. Si tratta di 3,3 milioni di ore che si concentrano nel commercio. L’enorme crescita di ore richieste dalle imprese ferraresi per l’ordinaria (la prevalente) in termini percentuali risulta comunque più contenuta rispetto a regione e nazione. Ne hanno fatto ricorso tutti settori manifatturieri, ma la prevalenza si concentra nelle imprese meccaniche.

 

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